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Rocco Brienza: la croce di un patriota potentino

Tra i patrioti che a Potenza vissero e operarono per l’Unità, va ricordato soprattutto Rocco Brienza, uno di quelli che credettero fortemente nel progetto unitario e che tuttavia, in quanto radicale, dopo l’Unità fu respinto ai margini dello Stato, non smettendo mai, comunque, di battersi. Egli nacque a Potenza il 1º settembre 1818 da Luigi, aderente alla Carboneria, e Isabella Laguardia: la famiglia era di forti sentimenti liberali, tanto che uno zio sacerdote, nello stesso anno in cui nacque Rocco, era morto per le sevizie cui era stato sottoposto per aver preso parte alla lotta armata contro i sanfedisti del cardinale Ruffo nel 1799. Rocco studiò prima a Napoli e poi nel collegio e nel seminario di Potenza: ordinato sacerdote, dopo essere stato rinchiuso per punizione nel convento dei frati cappuccini di Picerno, fu nominato professore con funzioni di vicerettore e, anche in questa occasione, si distinse per aver procurato – come egli stesso scrive – i libri «più scomunicati politicamente ed i più gravati di condanna per santificare co’ miei compagni le ore di ozio». Inviato, dietro sua richiesta, a predicare nei comuni della provincia, venne a contatto con la setta dell’Unità italiana e, incluso fra gli “attendibili”, venne arrestato il 9 aprile 1849 e condannato il 17 luglio 1852 a 19 anni di ferri, pena ridotta a 13 nel 1854 e scontata parte a Nisida e parte a Santo Stefano. Amnistiato nel 1859, il 10 luglio era a Potenza, dove collaborava prima alla sottoscrizione per l’acquisto di fucili, e poi con il centro insurrezionale di Corleto. Il 18 agosto 1860 prese parte attiva all’insurrezione di Potenza e il 19 agosto fu nominato segretario del Governo Prodittatoriale, fino al 26 dello stesso mese, quando fu inviato in Irpinia per promuovervi l’insurrezione. Il 30 agosto stabiliva ad Ariano la sede del governo provvisorio, ma la reazione scatenatasi il 4 settembre lo costringeva a trasferirsi a Buonalbergo, come apprendiamo dal suo volume “L’insurrezione irpina”, pubblicato a Potenza nel 1861.

Raggiunta Napoli, ebbe l’incarico di membro della commissione per la riforma dei luoghi penali e di membro della commissione di vigilanza negli ospedali. Ma nel novembre 1860 lasciava la città, amareggiato per l’espulsione di Mazzini e per lo scioglimento del Comitato d’azione, e tornava a Potenza dove veniva nominato segretario della commissione elettorale lucana, dalla quale si dimetteva quasi subito perché – come egli scriveva – «riunioni così fatte l’uguaglianza non serbano e il diritto calpestano». Tra i suoi numerosi successivi incarichi, Brienza fu segretario del sottocomitato per l’Esposizione internazionale di Londra; segretario della commissione per la repressione del brigantaggio; membro della commissione per la riduzione delle feste religiose; segretario (1866) e poi presidente (1869) del comitato provinciale del Consorzio nazionale e del Comitato agrario; membro del Consiglio sanitario, si distinse durante l’epidemia di colera a Potenza nel 1867-68, tanto da avere una menzione onorevole, che egli respinse scrivendo al ministro: «Nulla feci, e se molto avessi fatto, avrei scevrato il principio umanitario, che non ripone in questo, od in altro, la sua ricompensa».

Eletto consigliere comunale nel 1861, fu segretario del Consiglio provinciale scolastico e deputato all’Annona, ma dopo cinque anni si dimise, in contrasto con la classe dirigente locale, perché il Consiglio comunale «non rappresentava più gli interessi del popolo, ma bensì la gelosia dei partiti, l’avidità d’illeciti guadagni».

Nel 1862 si era fatto promotore dell’associazione “Emancipatrice del clero italiano”, che si proponeva di lottare contro la Chiesa di Pio IX per un ritorno al Vangelo e che veniva ostacolata dalle autorità perché la ritenevano una affiliazione delle associazioni garibaldine. Sempre nello stesso periodo iniziò a fondare logge massoniche, tanto che nel 1869 partecipò a Napoli all’anticoncilio dei liberi pensatori, contrapposto al Concilio vaticano, a Firenze alla Costituente e nel 1871 fu eletto a comporre il Grande Oriente.

Dedicò gli ultimi anni della sua vita alla stesura di numerosi scritti che ci forniscono una ricca fonte sulle vicende del movimento risorgimentale e sulla vita civile e politica postunitaria in Basilicata, tra cui l’autobiografico “La mia croce”, pubblicato nel 1890, morendo a Potenza il 17 febbraio 1900. A questo patriota instancabile, figura notevole tra coloro che credettero nell’Unità, portavoce del pensiero laico e cronista dell’insurrezione del 1860 e dei martiri risorgimentali lucani, Potenza dovrebbe tributare un ricordo più notevole di un semplice vicoletto nel centro storico.

Antonio D’Andria

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Servizio civile universale

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