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Arte a Potenza: un patrimonio da scoprire              

Gli studi storico-artistici locali, ormai da decenni, hanno riabilitato l’arte lucana che in precedenza era stata relegata in un piano secondario, poiché non degna di nota in quanto espressione mediocre della periferia artistica meridionale. Infatti, a partire dall’inizio del Novecento – e nel corso di tutto il secolo –, Wart Arslan, Tommaso Pedio, Vittorio Di Cicco, Concetto Valente, e poi Sabino Iusco e Anna Grelle hanno contribuito ad aggiungere tasselli importanti per la ricostruzione della storia artistica, monumentale e culturale della Basilicata. Essi, nella modernità del loro pensiero, hanno percepito la peculiarità dell’arte lucana, scardinando l’idea di “periferia artistica” e approcciando al concetto di cultura ad hoc per un territorio che, seppure geograficamente abbastanza lontano dai maggiori centri artistici, era riuscito a produrre arte non priva di qualità ma, anzi, intrisa di significato e valore: quello della storia della sua propria, peculiare e unica civiltà.

Eppure, nonostante lo sforzo degli studiosi, la comunità cittadina – giovani e meno giovani –, ancora oggi, fatica a vedere il bello della propria storica città. Per superare tale limite si necessiterebbe di uno sforzo su due fronti. Da una parte la comunità dovrebbe tentare di aprire le menti e gli occhi per vedere Potenza come una città con una propria storia culturale; dall’altra, le istituzioni e gli studiosi dovrebbero impegnarsi a divulgare sistematicamente, con professionalità, modernità e senza alcun campanilismo di sorta, l’arte cittadina.

Solo con tale duplice e sinergico sforzo si potrebbe incominciare a “camminare il patrimonio” con consapevolezza, in una città in cui la comunità stessa diventerebbe parte attiva per la salvaguardia e la valorizzazione delle sue bellezze. Ciò si potrebbe realizzare promuovendo e organizzando eventi, incontri di conoscenza e divulgazione, ma soprattutto progettando itinerari turistici che, prima ancora di parlare a fruitori nazionali e internazionali, possano parlare alla gente del posto.

Tutto questo sarebbe fattibile perché effettivamente la tumultuosa storia potentina è accompagnata dalla pratica dell’arte, come ci documentano le testimonianze artistiche sparse sul territorio. Testimonianze latenti che, già sopravvissute in precedenza alle sciagure del tempo e agli affanni della storia, oggi sopravvivono all’indifferenza dei cittadini.

Giusto per fare qualche esempio a sostegno di ciò che si è affermato fin ora; Potenza conserva siti archeologici come la quasi misconosciuta cripta della cattedrale di San Gerardo – che custodisce una struttura absidata con mosaico pavimentale policromo databile tra il IV e il VI secolo d. C. –, il meraviglioso sito della villa romana con pavimentazione musiva in Contrada Malvaccaro, e la caratteristica Torre Guevara. Siti originari che si raccordano ai reperti conservati nei due musei archeologici presenti in città: il Museo Archeologico Provinciale di Potenza e il Museo Archeologico Nazionale della Basilicata. Quest’ultimo, oltre a essere contenitore culturale, è anche una testimonianza di architettura nobiliare di età moderna, poiché è situato negli spazi dello storico Palazzo Loffredo. Esso e altri palazzi gentilizi – come Palazzo Pignatari, Bonifacio, Riviello, Biscotti, Scafarelli e Marsico – infittiscono il tessuto architettonico-urbano del centro storico. Ma oltre all’architettura civile, a impreziosire le strade della città, ci sono le numerose chiese storiche che fanno quasi tutte capolino con i loro alti campanili sulla lunga e stretta Via Pretoria. Queste, oltre a documentare lo sviluppo architettonico, sono anche scrigno di diversi tesori d’arte. Infatti la cattedrale di San Gerardo custodisce numerosi altari marmorei intarsiati del Settecento, la chiesa di San Francesco conserva quel che resta di affreschi tardomedievali e moderni. Ancora, le pareti romaniche della chiesa di San Michele difendono opere di pittura che portano i nomi non solo di due dei più grandi artisti lucani di età moderna – ovvero Antonio Stabile e Giovanni de Gregorio, detto il Pietrafesa – ma anche di un interessante artista fiammingo attivo a Napoli: Dirck Hendricksz, italianizzato Teodoro d’Errico. Inoltre, nella stessa chiesa si conserva un prezioso altare ligneo intagliato, del XVIII secolo, che fa rivivere il clima artistico potentino seicentesco, il quale è ulteriormente espresso nella chiesa di Santa Maria del Sepolcro che custodisce il magnifico altare barocco in stucco, dedicato al Preziosissimo Sangue di Cristo, e la caravaggesca pala d’altare di Giovanni Ricca, raffigurante la Natività.

Ma l’arte potentina non si ferma a queste manifestazioni. Essa prolifica anche nei secoli successivi fino ad arrivare ai giorni nostri, come ben dimostra la collezione della Pinacoteca Provinciale con opere, dell’Otto e del Novecento, di insigni nomi quali Michele Tedesco e Renato Guttuso. La pinacoteca, insieme alla Galleria Civica e alla Cappella dei Celestini, diventa anche spazio espositivo per mostre temporanee di arte contemporanea promosse dal Comune, dalla Provincia, oppure organizzate da associazioni e promotori che da anni si impegnano nella valorizzazione di un patrimonio artistico ancora tutto da scoprire. Non solo. L’arte contemporanea rende vive anche le varie gallerie d’arte private della città.

Dunque, come si percepisce, una storia dell’arte che corre lungo la linea del tempo e che irrora di bellezza le vie e le strade tortuose della città. Sicuramente mancano pezzi d’arte di mano di un Michelangelo, un Raffaello o un Leonardo – come nella grande maggioranza dei piccoli borghi italiani – e, con altrettanta certezza, Potenza non è un museo a cielo aperto come le città che nel corso della storia sono state centri propulsivi dell’arte. Tuttavia anche Potenza ha avuto, e ha, la sua arte che si manifesta, oggi, con le non molte testimonianze che il tempo ci ha lasciato, le quali, però, non sono senza valore. Anzi, in quanto poche, esse dovrebbero essere considerate ancora più preziose…perché rare!

Marina Corsini

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